Dagli Stati Uniti un ricordo di Eugenio Corti

Eugenio Corti

Eugenio Corti

Qual è il suo ricordo personale di Eugenio Corti? Cosa l’ha colpita maggiormente della sua figura?
Due cose in particolare mi hanno colpito di Eugenio Corti. La prima era la sua familiarità, immediata e aperta, con cui accoglieva le persone. Non aveva paura di farsi coinvolgere nelle relazioni; si interessava realmente di tutti, sia delle persone che conosceva da anni, sia di quelli che aveva appena incontrato. La seconda cosa era che aveva una profonda conoscenza della storia, che sviluppava con lo stessa apertura con cui incontrava le persone. Mi sembrava che la sua conoscenza della storia fosse caratterizzata da un profondo interesse per l’umanità, che è cosa diversa da un sapere fondato solo su nozioni meramente tecniche. Un giorno, mentre con mio marito ed alcuni dei nostri bambini (Suzanne ha 5 figli, ndr) stavo guidando per la Brianza (l’ambientazione principale del romanzo), parlando proprio de Il cavallo rosso (era stato recentemente pubblicato in inglese e l’avevo letto), passammo da casa Corti dopo aver assistito alla Messa in un monastero nelle vicinanze. La moglie di Eugenio è stata insegnante di italiano di mio marito alle scuole medie e mio suocero, essendo stato prigioniero di guerra a Malta durante la Seconda Guerra Mondiale, ha fatto da modello per alcuni dei personaggi del romanzo. Inoltre, due miei zii acquisiti sono stati prigionieri in Russia e Germania, in situazioni terribili descritte anche nel libro. Abbiamo quindi suonato il campanello di casa Corti e gli abbiamo fatto visita mentre i nostri bambini scorrazzavano per il giardino. Dissi a Eugenio che gli ero grata per il suo romanzo; lui mi rispose con interesse e molta umiltà, chiedendosi in che modo il pubblico americano potesse entusiasmarsi per un racconto del genere come avevo fatto io. Gli spiegai allora che, grazie alla narrazione, era riuscito a fare in modo che mi sentissi completamente coinvolta in avvenimenti della storia che prima di allora conoscevo solo grazie agli studi ma che non avevano mai influenzato la mia vita e dei quali non ero consapevole. La mia generazione (anche chiamata “Generazione X”) non ha vissuto la guerra direttamente sul nostro territorio, pertanto l’impatto della Seconda Guerra Mondiale, per quanto sia stato traumatico per tante persone, per noi è stato attenuato; è stata di fatto la storia di qualcun altro. Grazie a questo romanzo, è diventata invece la storia di tutti. E nel mio caso, si trattava di un pezzo di storia d’Italia che ha coinvolto direttamente la mia famiglia, in un modo tale che io ho potuto “riconoscere” nella lettura che le abitudini singolari di alcuni miei parenti acquisiti derivavano dal tempo di guerra, come riciclare i tappi di alluminio dei contenitori degli yogurt o riutilizzare i recipienti di plastica per lavori di giardinaggio (per esempio per far germogliare i semi o raccogliere i fichi). Avevano una fede profonda e vivevano l’appartenenza alla Chiesa stando all’interno di una comunità cattolica locale coesa e nella quale ci sia aiutava l’un l’altro, in un modo che anche estremamente pratico. Leggendo il romanzo, ho potuto capire che era questo ciò che li sosteneva nelle angosce e di fronte alle sofferenze e ai sacrifici. Il romanzo ha saputo far rivivere le vicende delle persone di quel tempo che ancora vivono in quella stessa comunità ed è stato in grado di rendere chiaramente questa esperienza, anche meglio di come avrebbero potuto fare loro stessi o chiunque altro. Sono stata finalmente in grado di capire non solo la complessità di quanto accadde in Italia durante la guerra, ma anche e soprattutto quanto sia stato notevole il tributo di vite umane pagato dalle persone che sono state direttamente coinvolte nel conflitto e cosa abbia permesso loro di far fronte a queste sofferenze. Sapevo comunque, anche se non avessi avuto riferimenti personali, che questi avvenimenti non hanno riguardato solamente chi avesse legami con l’Italia. Avevo già condiviso il libro con la famiglia e con altri amici americani, che mi risposero con gratitudine. Leggere il romanzo è stata per tutti noi una bella avventura.

Thomas Fleming, presidente della Rockford Foundation (Illinois) e della rivista Chronicles, ha scritto che Il cavallo rosso è probabilmente il più grande lavoro di narrativa cristiana che ha avuto occasione di conoscere durante la sua vita. Fleming sostiene che si tratta di un romanzo che non riguarda solo la guerra e la politica ma è anche una saga della vita familiare, dell’amore vero. E poi aggiunge: “La Lombardia, la regione d’Italia del maggior romanziere italiano, Alessandro Manzoni, ha prodotto un altro maestro: Eugenio Corti”. Pensa che Eugenio Corti possa essere un maestro e un modello non solo per l’Italia ma anche per gli scrittori americani contemporanei?
La valutazione che dà Thomas Fleming, sia sul libro sia sull’autore, è indiscutibile e il motivo non è perché è conforme ad orientamenti politici di “destra” o ad argomentazioni di stampo “conservatore”. Costruire la storia a partire da un contesto profondamente umano – la natura umana, i suoi desideri, l’interiorità che anela all’eternità – è il giusto percorso. Ciò che rende Corti un romanziere attraente è che dice la verità senza derive – vale a dire, la verità della storia e la verità delle vicende umane sono intrecciate. Se la storia viene raccontata solo tramite i fatti alla fine si ha un racconto arido di cose oramai passate, mentre le storie di vita che non tengono conto del contesto sociale, culturale, politico e religioso rischiano di essere incomplete e frammentarie o (peggio) narcisistiche. L’opera di Corti non ha queste derive e accompagna il lettore in un luogo diverso – fatto di sfida, di educazione e anche di conversione.

Prendendo spunto da quanto ha affermato Thomas Fleming, qual è la percezione che c’è oggi negli USA della storia e della cultura europea in generale, e italiana in particolare? Cosa possono dire oggi la figura e le opere di Eugenio Corti ad un lettore americano?
I promessi sposi di Manzoni è uno dei pochi classici italiani che alcuni (non molti) americani hanno letto. Quel romanzo è simile all’opera di Corti, dal momento che descrive vite vissute caratterizzate dall’aspirazione alla libertà e all’amore nel contesto della fede, attraverso la narrazione di vicende storiche verosimili. Corti riesce a far capire quali sono le basi cattoliche della cultura italiana, il che contrasta con la rappresentazione popolare della cultura italiana (come ad esempio “Mangia, Ama, Prega”). Quello che Corti trasmette ai lettori è la speranza (che ispira perseveranza) in ogni circostanza ed è importante sottolineare che questo messaggio è universale e non è locale. Fatta eccezione per l’arte o per il turismo, in generale gli americani non si curano molto e non sono esperti di storia italiana o europea. L’eredità della fede nella storia europea è una realtà velata.

Eugenio Corti, reduce dalla campagna di Russia, dal 1943 al 1945 fece fino in fondo il suo dovere di soldato combattendo nell’esercito regolare italiano del Corpo italiano di liberazione contro i nazisti a fianco degli Alleati angloamericani. Anni più tardi ricordò: “Nel conflitto il ruolo degli italiani è stato in subordine. La guerra era combattuta tra i tedeschi da una parte e gli angloamericani dall’altra: i partigiani e i soldati del Corpo di liberazione hanno influito in proporzione assolutamente minima. Non poche persone, oggi, abituate a sentir parlare soprattutto dei partigiani, credono confusamente che a liberare l’Italia siano stati loro: non è vero. Sotto l’aspetto militare l’importanza reale dei partigiani, in ogni caso, non è stata complessivamente superiore a quella del Corpo di liberazione”. Si tratta di un giudizio storico non scontato (soprattutto in Italia) e riconosce il ruolo determinante dei soldati americani che con il loro sacrificio hanno dato il contributo principale alla liberazione dell’Italia e dell’Europa dai nazisti. Quanto questa analisi storica di Corti, così come la sua personale esperienza in guerra, è conosciuta ed apprezzata negli USA?
Negli Stati Uniti gli aspetti della guerra legati ai partigiani sono considerati come un dettaglio, che nel migliore dei casi potrebbe venire esaminato solo da studiosi di storia europea. Certamente è apprezzato il ruolo degli americani che combatterono in Europa, i quali liberarono zone anche molto impervie, non solo i campi di concentramento nazisti. L’analisi di Corti è indiscutibile ed è chiaramente basata su fonti attendibili di prima mano; corrisponde alla comune conoscenza popolare e gli viene dato enorme credito grazie ai suoi approfondimenti, che sono in sintonia con i sentimenti dei lettori.

Suzanne Tanzi e il marito Luigi vivono a Washington DC. Lei è originaria del Nebraska (USA) e lui della Brianza. Durante le scuole medie, Luigi ebbe come insegnante di italiano la professoressa Vanda di Marsciano, moglie di Eugenio Corti. Suzanne e Luigi si sono sposati a New York il 7 ottobre 1989 e hanno 5 figli. Suzanne, già caporedattore della versione inglese della rivista Tracce, si occupa di comunicazione e promozione presso l’Università Cattolica. Luigi si occupa di finanza e lavora come agente per l’organizzazione I Cavalieri di Colombo.

(intervista a cura di Aciec, Associazione Culturale Internazionale Eugenio Corti)